Recensioni

Hanno recensito l’opera di Anna Gentili i seguenti critici d’arte : Adriana Anselmi – Raffaella Bertozzi – Antonio Caggiano – Stefania Carrozzini – Elvira Cassa Salvi – Adriana Cattafesta – Gloria Ciabattoni – Everaldo Dalla Noce – Luciano Gentili – Giusi Gradiente – Angela Hart O’Brien – Paolo Levi – Vasco Melani – Giuseppe Mugnone – Silvia Pegoraro – Elia Schiazzi – Angelo Siciliano – Luciano Spiazzi – Sandro Soffenis – Giorgio Seveso – Franco Solmi – Vladimiro Zocca.

In una atmosfera metafisica, se così possiamo definirla, molto coinvolgente e conturbante si cela il dubbio della pittrice. ”La realtà possiede un’altra dimensione oltre a quella spazio temporale?”. Da questo travaglio spirituale e concettuale nascono alcune sue opere, come “La gita”, “Interno esterno” e “Interno”. E’ un continuo tendere al di là della realtà visibile per raggiungere l’altra dimensione, quella senza tempo e senza spazio. E’ soprattutto un continuo imbattersi nella “normalità” di un apparire che suggerisce ed evoca i “disordini dell’essere e dell’esistere”.

Raffaella Bertozzi
(“IL Tirreno“ Montecatini Terme, 1989)

 

……..Geometrismo nella tavolozza della pittrice toscana con ampie zolle culturali emiliane. Geometrismo in una sezione di spazi legati da percezioni astratte reperibili in particolare nella divisione della tela.
E’ geometrismo nei paralleli impressionati da stilizzazioni e prospettive.
La grande lezione del Novecento con il richiamo all’ordine è tangibile nel suo insieme, ma di più spicca quella personalità del raccontare libero un pensiero che si fa più captante nei toni accesi e spenti da rendere senza parametri la sua tavolozza…….

Everardo Dalla Noce
(Presentazione in catalogo della Mostra all’Accademia Dino Scalabrino di Montecatini Terme, Agosto 1989)

 

Nei quadri della Gentili i personaggi sono in negativo, laddove l’emozione è più forte, il protagonista non è dipinto illuminato dalla luce del sole. Dove ci dovrebbe essere luminosità c’è oscurità e viceversa. Geniale e poetico modo per narrare storie che possono essere lette con più chiavi interpretative.

Giusi Gradiente
(“Il Resto del Carlino”, Bologna 1988)

 

Anna Gentili trasmette attraverso i suoi lavori (e perché no?) anche grazie ai titoli delle sue belle composizioni, sensazioni quanto mai piacevoli che nascono dalla sua sensibilità, ma che coinvolgono anche quella dell’osservatore attento. Anna Gentili, tramite la sua tecnica abile e allusiva, incanta grazie al suo gioco di enigmi formali e di contrappunti cromatici, di trasparenze, di ombreggiature. Pare tentata di porre in discussione le forme riconoscibili per far loro dono di verità. Quella dell’anima che recepisce messaggi arcani.

Paolo Levi
(Artisti e opere Emilia Romagna, Catalogo Mondadori 1997)

 

……ci trovi nature morte, personaggi, vedute, sempre in quest’ottica che sembra offrire a cose e a esseri una presenza fantasmatica anche se realistica nelle sue definizioni….ne risulta una sorta di operazione in camera oscura dove il mondo appare rovesciato eppure non meno consistente rivelandosi proprio là dove la luce non brucia i tratti; non un doppio, ma una ricostruzione delle parti in ombra che rivelano altrettanta identità delle parti esposte al sole. Nasce in questo spiazzamento di prospettiva la suggestione che viene dal lavoro della Gentili, come se ci conducesse a osservare il fuori di noi in filigrana più che in diretta. Il “negativo” svela l’invisibile o la luce è ormai al suo punto di consunzione?

Luciano Spiazzi
(“Brescia oggi”, Marzo 1988)

 

…….evidentemente, il talento espressivo di Gentili si volge, in questi anni, a un sentimento del mondo e dell’esistenza tutt’altro che epidermico e superficiale. Un po’ come succede per Leonardo Cremonini o anche per quell’altro intenso artista bolognese Dino Boschi, anche in lei il “banale quotidiano” e la normalità diventano, senza forzature né letteratura, l’occasione ed il luogo per un gelido teatro dell’altrove, latenza di drammi inauditi silenziosamente sospesi appena fuori del nostro campo percettivo, ai margini della coscienza e della vita eppure profondamente infitti nella trama delle cose.

Giorgio Seveso
(presentazione in catalogo della mostra personale alla Galleria “9 colonne”, Bologna 1988)

 

….Anna Gentili presenta dipinti realizzati con tecnica raffinata in cui fondamentale è la figura che, inserita in un contesto irreale o allusivamente spaziale, si carica di tensioni esistenziali ineludibili nell’attuale quotidianità.

Angelo Siciliano
(“L’Adige“, Trento 1989)

 

Anna Gentili non ama ricordare i propri dipinti anteriori al 1974, anno in cui una svolta linguistica profonda e radicale indubbiamente si è verificata nel suo lavoro senza per questo abbiano però perduto valore e significazione molte delle prove giovanili dell’artista, specialmente quelle in cui a un intento di resa naturalistica già corrispondeva la ricerca di una dimensione segreta e allusiva dell’immagine, la stessa che si è poi dispiegata nelle opere degli ultimi anni…..il rapporto con il reale era già da allora infinitamente mediato anche nei dipinti più figurativi e che già la sua tecnica, la velatura sulla superficie candida, era volta a una resa estetica che si collocava già nel 1972 decisamente nell’allusivo e l’artista aveva già in sé, e già riusciva ad esprimere nelle sue tele meno ingenue, quella capacità di fissare la dimensione ambigua, irrealistica ma non irreale, di un mondo ove cose ed immagine si fondono e si confondono inquinando gli schemi della percezione e offrendo, a chi ha sensibilità sufficiente per sentire e vedere oltre i codici divulgati, la possibilità di rivelare dimensioni sempre inedite dell’immagine, specialmente dell’immagine d’arte e di poesia.
….è come una sorta di intuizione metafisica che si esercita sul quotidiano e non è certo un caso che da questo momento in avanti Anna Gentili compie il suo particolare “attraversamento” dell’avanguardia storica scegliendo quelle forme della analisi cubista che saranno alla radice di tutte le ricerche di “valori plastici” e da cui si trarrà la più coerente immagine di metafisica pittorica.
Braque e Picasso presiedono ad alcuni lavori eseguiti dalla Gentili nel 1982 secondo modi che ci indicano un’originale lettura come radiografia e attraverso un processo di solarizzazione dell’immagine, delle fondamentali linee strutturali dell’immagine, che diciamo moderna. E’ una sorta di contaminazione degli esempi originari con la visionarietà “metafisica” quale poteva essere intesa da De Chirico e Savinio………
….con una certa attenzione alle composizioni d’ambiente alla Bonnard che essa ha mutuato evidentemente attraverso lo studio dell’opera di Leonardo Cremonini e forse di Karl Plattner, le cui severità cromatiche dovrebbero esserle congeniali.
Everardo Della Noce ha scritto a proposito dei dipinti del periodo “negativo” che si tratta di “fotografia meditativa” e Giorgio Seveso parla di una “evidenza in qualche modo contraddittoria” per opere in cui si distende il fantasma della più tranquilla normalità ed ovvietà. Il dipinto “Umanità”, è la risposta più alta che l’artista stessa poteva dare alla sua domanda su una possibile dimensione “altra” rispetto a quella segnata dal tempo e dallo spazio esistenziale……

Franco Solmi
(presentazione in catalogo della mostra personale al “Centro San Giorgetto” Chiesa di S. Anastasia Verona, Maggio 1989)

 

Colori, segni, materia come scandagli nel fondo profondo del tempo, del tempo perduto, del tempo cercato, del tempo percepito dell’infanzia. I lavori di Anna penetrano la realtà attraverso la pelle pittorica in una sorta di poetico automatismo dell’inconscio. E’ un fluido recupero d’immagini, ma rese progressivamente salde da colori via via più saturi e da una matericità trattata con gestualità lieve. Allora segni e simboli che si fanno figura e che talvolta richiamano antiche strutture immerse in un’aura di magia metropolitana. Sono immagini della mente, rarefatte, impastate da colori ora vivi, ora velati, sempre delicati: dai rossi cangianti, agli azzurri trascoloranti, dai verdi trasparenti, ai violacei che sanno di tramonto lontano e a parvenze rosate, tra ombreggiature che riecheggiano atmosfere…di mistero e luci riflesse attenuate dal filtro traslucido della mente. I dipinti di Anna Gentili ci accompagnano in un viaggio tra il mentale e sentimentale dentro il visibile oltre la banalità del quotidiano e l’opacità dell’esistenza, senza tuttavia, distanziarsi eccessivamente dal filo acutissimo della ragione.

Vladimiro Zocca
(Presentazione in catalogo della mostra personale “Penelope” Forte Crest Milano, Luglio 1996)

 

L’elemento misterico dell’albero, come metafora di un corpo che vive nel mito della magia, è trattato in modo non naturalistico dai dipinti di Anna Gentili. Infatti nelle radure che si aprono tra gli alberi dall’astrazione antropomorfica, si diffonde una luce innaturale che pare venire dall’interno dei tronchi stessi. Gli alberi di Anna hanno occhi, quasi ferite nella carne viva, che percepiscono o rispecchiano forme perdute o latenti nel mistero della memoria primordiale. Sono occhi a doppia entrata, attraverso i quali tentare di cogliere, di toccare, di ritrovare il senso del proprio essere, in attesa che ci parli. Ci viene in mente la fascinosa ambiguità semantica di Heidegger che gioca sulla radice della parola tedesca “lichtung”, radura, che pur non derivando da “licht”, luce, ma dal verbo “lichten”, diradare, mostra, tuttavia, una connessione oggettiva, per cui è la radura stessa ad essere presupposta dalla luce. Il rado del bosco è illuminato nel senso di ciò che è libero, dove si viene a situare l’artista nel ritrovamento di sé stesso. L’albero, allora, come dice ancora Brosse, diventa non soltanto un modello per l’uomo, ma il suo più remoto antenato. Un mito nordico racconta che gli occhi di Odino, dio della saggezza e della guerra, tramite l’albero sacro Yggdrasill, scoprono le rune, il linguaggio segreto dell’aldilà.

Vladimiro Zocca
(dal catalogo della mostra “Corpo Profano Corpo Sacro” Il fienile, Castelsanpietro Terme. 2004)

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